mercoledì 10 ottobre 2007

La defecazio nei secoli

Defecare, nella preistoria, non è sempre stato facile come bere un bicchier d’acqua, anzi!
Uno dei difetti più sgradevoli della preistoria era principalmente la mancanza di privacy.
Non essendo ancora nato Vespasiano, nessuno aveva pensato ai vespasiani; non essendo ancora nati i linguaggi, nessuno aveva inventato il water closed e questo solo per citare due esempi.
Praticamente il mondo era una latrina a cielo aperto e fin qui niente di grave, considerato che gli esseri umani erano davvero pochi e che i dinosauri, notevoli produttori di escrementi, si sarebbero estinti di lì a poco.
Lo stimolo poteva coglierti in qualsiasi momento, qualsiasi cosa tu stessi facendo. Eri a caccia? Trac, lo stimolo. Allora ti appartavi un momentino e giù il prodottino. La cosa più sgradevole che poteva succedere era che anche al dinosauro in questione scappasse la “cacchina” e la scaricasse su di te, ignaro e impotente.
Probabilmente è da una situazione come questa che è nata l’espressione “siamo nella merda fino al collo”.
L’importante, però, era uscirne prima che si seccasse per evitare l’effetto “maschera d’argilla”, che finché la fai con l’argilla ha i suoi effetti benefìci, con la merda invece...
Col tempo, l’uomo preistorico fece tesoro dell’esperienza e cominciò a defecare in zone boschive. Qui, almeno, potevi evitare che qualcuno ti scaricasse addosso i propri rifiuti. Naturalmente farlo nel bosco aveva i suoi disagi che consistevano perlopiù in “con che cosa mi pulisco il culo?”. Le piante preistoriche erano di dimensioni abnormi e altrettanto abnormi erano le foglie, i fili d’erba e via discorrendo. L’homo, a differenza di tutto ciò che lo circondava, è sempre stato della stessa misura, quindi pulirsi significava fare degli sforzi sovrumani. Dopo aver “ejettato” dovevi scegliere la foglia più piccola e staccarla a colpi di machete, ma il machete ancora non era stato inventato. Ci si doveva, quindi, arrampicare sul fusto e gettare sul picciolo della foglia scelta e sperare che nell’impatto questa si rompesse. Il tutto andava fatto più e più volte, fino al raggiungimento del risultato sperato, dopodiché ti rendevi conto che anche se non ti pulivi il culo andava bene lo stesso.
Nacquero così le virgole.
Le donne, che anche all’epoca - e foreverenever - erano un po’ più evolute degli uomini, nonché mezze calzette in quanto a forza fisica, ci erano già arrivate da tempo, ma almeno loro sceglievano delle grotte, per espletare i propri bisogni.
E fu così che nacquero i disegni rupestri. Gli esperti archeologi si ostinano a dire che i materiali usati per disegnare i vari graffiti trovati in grotte famose vanno dal sangue di Triceratopo a linfa di qualchecosa, in realtà è solo cacca fossilizzata.
L’homo, un po’ irritato dalla prontezza di spirito delle femmine decise che l’invenzione andava perfezionata, quindi inventarono la lettura. Il problema era che i graffiti lasciati dalle donne vertevano sempre sugli stessi argomenti: come acconciare i capelli per un incontro galante? Che vino abbinare al brasato di Trachirodonte? E’ meglio l’orgasmo vaginale o quello clitorideo? Insomma, tutte cose che agli uomini non interessavano.
Così, l’homo - che nel frattempo si era evoluto in sapiens - inventò lo sport. E cominciò a portarsi al bagno qualcosa da leggere che fosse molto, molto maschio. Il problema era che non essendo ancora stata inventata la carta ma essendo almeno arrivati alle incisioni rupestri, portarsi in bagno qualcosa da leggere significava avere dei muscoli notevoli. Normalmente, una giornale sportivo dell’epoca aveva un formato tipo tabloid e una foliazione di almeno due quartini ed è forse per questo motivo che gli uomini più deboli dovettero per forza accontentarsi di leggere solo cose femminili e diventarono gay.
L’evoluzione della defecazio arrivò ad un punto tale per cui, nella Francia del Re Sole, essendo le nobili chiappe molto indaffarate tra partite a polo, tornei di volano, sfide a pulce e un tiro di scherma en passant, si decise che non doveva essere la nobiltà a doversi recare in bagno, ma doveva essere il bagno a recarsi alla nobiltà.
Un po’ come la questione di Maometto e la montagna.
Nacque così il garcon pipì, che non era nient’altro che un povero sfigato con al collo un mastellone, costretto a seguire la nobiltà tutta durante il suo cazzeggiare nei parchi e a sostenere il cesso portatile durante l’evacuazione di nobili vesciche e nobili ani. Più fortunate erano le donne, che portavano lunghe gonne di stoffe damascate e crinolina e mutande col buco in mezzo: bastava che aprissero le gambe e lasciassero soavemente cadere e loro dorate produzioni e voilà, i giochi erano fatti. Ma non è tutto: i nobili avevano la sala da bagno privata e dotata di ogni comfort, tra cui anche un oggetto che all’inizio fu visto solo come un complemento d’arredo, visto che nessuno lo usava: il bidet. Si sa che in Francia l’uso di lavarsi le regali terga era poco in voga e da qui nacque la simpatica espressione: “Ma che è, ti puzza il culo?”
La defecazio, nei tempi, è sempre più diventata un lusso. Disporre di un bagno, al giorno d’oggi, e ristrutturarlo e/o arredarlo secondo le moderne tecnologie costa quanto comprare un monolocale di 20 mq in Via della Spiga a Milano.
La procedura, però non cambia mai.
In compenso, si è fatto di tutto per sollevare il culo da questa gravosa incombenza: carta igienica profumata alla camomilla - così intanto il culo si addormenta ( e occhio che non russi! ) -, carta igienica colorata da abbinare al colore delle piastrelle del bagno ( ideale anche per fare della cromoterapia terapeutica contro la stitichezza ), carta igienica doppio, triplo, quadruplo velo, detergenti così delicati, addolcenti, idratanti, che si rischia di confondersi talmente da rischiare, in ufficio, la classica battuta “Hai la faccia come il culo”.
Per i più “duri”, quelli che “Sono cinque giorni che non cago e ho un cerchio alla testa” ( alla testa? è arrivata fino lì? Chissà che idee di merda... ) hanno inventato le suppostine coadiuvanti, le perettine alla glicerina, la dolce euchessina, le fave di fuca (alcuni preferiscono la fava di Luca, così ho sentito dire)...
Una soluzione efficace, comunque, è quella dei purganti.
Mi perplime solo una cosa: Drenax, Dulcolax, Agiolax... sono forse un incrocio tra un protagonista dei fumetti di Asterix e il cattivo di Matrix? E il Tenax è sempre un gel per i capelli, vero?
Comunque son convinta che con l’andare del tempo si smetterà di defecare.
Anzi, sono quasi del tutto convinta che andremo a perdere alcuni orifizi e con loro tante simpatiche espressioni.
Tra qualche centinaio di anni avremo solo cybercacca, ovvero cacca virtuale, che potremo masterizzare o salvare su hard disk esterno o chiavetta USB.
Non avremo più un sedere e nemmeno un ano e forse non esisteranno nemmeno più i gay.
Espressioni come “Ti faccio un culo così” o “Ti strizza il culo, eh?” non avranno più nessun significato.
A meno che io non mi stia sbagliando e che in futuro non si scopra che il nostro universo è un enorme, oscuro, puzzolente buco di culo!

3 commenti:

"PG" ha detto...

La dolce Euchessina è un'attrice.
Ha fatto un famoso film:
"A mezzanotte sul vasino"
con Dolores de Panza e la Dolce Euchessina. Regia di Falqui.

Le idee di merda vengono se si trattengono le scoregge. Trattendole non hanno altro sfogo che risalire i tubi fino ad arrivare al cervello. Da lì le idee...

PG

Gloria ha detto...

Ma dai, non sapevo che avesse fatto un film! :)

"PG" ha detto...

E poi c'era la filastrocca:
"Ai bambini buoni, la dolce Euchessina. E gli altri che spingano!"