lunedì 8 dicembre 2008

Ed ecco ora il racconto...

... giudicato "meritevole" di pubblicazione sull'antologia del Concorso "Oltre i resti" 2008 di Napoli!!!


Tre eravamo, tre siamo rimasti

La notte dicembrina profumava di smog e nebbia, anche se quest'ultima si stava diradando lasciando spazio ad un cielo trapunto di stelle. Sotto un lampione, due motociclisti un po' attempati stavano aspettando l'amico, irrimediabilmente in ritardo.
“Non capisco perché, pur mettendoci tutta la buona volontà, non riusciamo MAI ad arrivare in ritardo più di lui. Ci lasciasse almeno le chiavi di casa per aspettarlo al caldo!” sbuffò Baldo, lanciando lontano il mozzicone ancora incandescente.
Il Melchi fece spallucce: “Ti dirò, a me quest'aria pungente non dispiace. Può anche darsi che sia dovuto al fatto che mi sono fatto un paio di Vodka alla pera, però non mi dispiace affatto. E comunque è inutile arrabbiarsi. Da quanto lo conosciamo? Riesci a ricordare una sola volta in cui sia arrivato in anticipo?” chiese fissandolo negli occhi con aria divertita.
“Oh, sì! – esclamò quasi godendo il Baldo – Quando ha messo incinta la Susy! Un fulgido esempio di eiuaculatio precox”. Risero entrambi.
Si erano conosciuti ad un motoraduno e non si erano più lasciati: Gas era l'orgoglioso proprietario di una Harley-Davidson del 1980, il Melchi aveva una Moto Guzzi modello Falcone Turismo del 1952, tenuta talmente bene da sembrare una copia, mentre il Baldo si accontentava di una Triumph Legend tt900 del 1999.
Il Melchi stava ancora asciugandosi una lacrima all'occhio destro quando si udì l'inconfondibile rombo dell'Harley.
“Allora, siete pronte, vecchie baldracche?” esclamò Gas accompagnando la frase con una sgasata.
“Ringrazia che siamo ancora qui, pirla, – fu l'amichevole saluto del Baldo – e che non ci trovi trasformati in statue di ghiaccio”. La battuta fu accompagnata da una sonora pacca sulla spalla, che venne attutita dalla spessa tuta in pelle nera.
Gas tolse il casco e salutò i due con un gestaccio: “Ho tardato perché mi sono fermato a prendere la birra. Sono arrivato mentre la serranda del super stava calando inesorabilmente e ho dovuto implorare la cassiera di farmi entrare, promettendole che l'avrei invitata fuori per un caffè. Trattasi di essere umano solo vagamente somigliante ad una donna, quindi dovreste premiarmi per il sacrificio...”.
Baldo indossò il casco e inforcò la moto, seguito dal Melchi che si affiancò agli altri due: visti da lontano potevano sembrare una versione moderna di Arancia Meccanica, se non fosse che erano vestiti di nero, erano motorizzati, bevevano birra e via discorrendo.
La classica “zingarata” di Natale, da effettuarsi tassativamente la notte del 24 dicembre, aveva un unico scopo: muoversi rombando da un capo all'altro della città, arrivare in cima alla collina che dominava il panorama di Roma, brindare con dell'ottima birra d'annata e scambiarsi i regali. Niente di più e niente di meno.
Partirono quasi all'unisono e si infilarono nel dedalo di vie e piazze semi deserte della città eterna; sopra di loro un cielo terso e stelle a perdita d'occhio. Baldo capeggiava il trio di centauri, disegnando geroglifici con il copertone della sua Triumph e salutando con un colpo di clacson la città che si stavano lasciando alle spalle. La campagna li aveva appena accolti fra le sue braccia, quando la moto di Baldo cominciò a singhiozzare fino a fermarsi. Venne immediatamente affiancato dagli altri due. Quando spensero i motori il buio li avvolse in un abbraccio silenzioso.
“Che succede?” chiese il Melchi accosciandosi di fianco alla Triumph e smanettando tra pistoni e ammortizzatori.
“Non capisco. L'ho appena fatta revisionare, è perfetta. Non vorrei fosse un problema di carburatore” rimbeccò Baldo. Gas guardò i due trafficare a tentoni ed esclamò: “La prossima volta arrabbiatevi ancora perché sono in ritardo. Almeno la mia funziona!”
“Ma per favore! Se si fosse trattato della tua a quest'ora staresti frignando come un bambino! Piuttosto vedi di...” Gas fece imperiosamente cenno di tacere e drizzò le orecchie: “Sentite anche voi questo rumore? Sembra un lamento...” Stettero un po' in ascolto finché udirono distintamente una voce di donna. Il fanale della Guzzi illuminava a stento la strada ma ciò bastò per riuscire a scorgere, poco lontano, la sagoma scura di un'auto con uno sportello spalancato.
“Che si fa?” chiese Gas.
“Io vado a vedere” dichiarò il Melchi, seguito immediatamente dagli altri due.
La macchina era una vecchia Mercedes così trascurata che sembrava impossibile potesse ancora muoversi. La fioca luce all'interno dell'auto illuminava la scena: un uomo chino su una donna a gambe spalancate.
“Cazzo, questa donna sta partorendo!” Esclamò Gas.
La risposta di Baldo non si fece attendere: “E tu dovresti saperne qualcosa, vero?”
L'uomo nella macchina si accorse di loro e si aggrappò con disperazione alla manica del Melchi: “Signore, per favore, signore... la mia molie sta avendo mio figlio. Aiuta me, Signori”
Lo sguardo che i tre si scambiarono aveva un unico significato, ma fu Gas a dare voce alla domanda: “Che si fa?”
Quando la donna lanciò quell'urlo animalesco, quasi per miracolo seppero tutti cosa fare: Melchi corse alla sua moto, aprì le tasche laterali e ne svuotò il contenuto in cerca di acqua, disinfettante e salviettine umidificate; Gas fece altrettanto con le due borse di pelle a frange dell'Harley, mentre Baldo fece scattare la chiusura del bauletto e ne tolse un pacco regalo che cominciò a scartare con veemenza. Si ritrovarono tutti e tre davanti allo sportello spalancato mentre la donna soffiava e urlava nel tentativo di dare alla luce quella creatura così incosciente da scegliere il freddo ciglio di una strada deserta per nascere.
“Sollevale la testa e aiutala a respirare” ordinò Baldo al marito della donna, che stava immobile a guardare la scena. “Muoviti!!” ringhiò, e in quella l'uomo si scosse ed aprì la portiera dall'altro lato, sollevando la donna per le ascelle. Lei sbuffò e gridò ancora, se possibile con più enfasi di prima.
Gas, seduto sul sedile passeggero, prese la mano della donna fra le sue: era gelata. “Respira, respira! Brava, così, forza... ce l'hai quasi fatta”
“Vedo la testa! Oddio, vedo la testa, vedo la testa!” gridò il Melchi.
“Cerca di non svenire come una donnicciola” esclamò Baldo.
“Facile per te che stai lì a fare un cazzo, vero?” rimbeccò il Melchi.
La donna cacciò un ultimo, tremendo urlo e con un istintivo movimento pelvico spinse così forte che il bambino venne praticamente lanciato fuori. Baldo, a sua volta, fu così pronto da prendere il bambino al volo e avvolgerlo in uno splendido maglione di cachemire arancione.
La donna si lasciò andare sul sedile, distrutta; il marito si mise a piangere e a ridere contemporaneamente. Il bambino, come da copione, vagì.
Sembrava la scena di un film balcanico.
Mancava solo una musica tzigana in sottofondo.
Baldo adagiò con tenerezza il bambino sul petto della donna che sollevò la testa e lo ringraziò con lo sguardo.
Gas continuava a tenere la mano della donna fra le sue, cercando di nascondere il lacrimone che gli scivolava silenziosamente sulla guancia.
Il Melchi fu l'unico a rompere la magia di quel momento: “Mi ci vuole una birra”, esclamò, e si diresse verso la moto di Gas.
La notte trovò tutti concordi nel fatto che l'alcool era un ottimo coadiuvante contro il freddo.
“Devo purtroppo confessarti che quel maglione sarebbe dovuto diventare tuo, Melchi” esclamò Baldo dopo aver schioccato la lingua in segno di approvazione.
Melchi guardò Baldo, poi il bambino: “Sai una cosa? A me sembra che a lui doni molto di più”.
Gas riuscì finalmente a lasciare la mano della donna, vuoi anche per il fatto che lei continuava a strattonare per riaverla indietro. Uscì dall'auto e si avvicinò allo straniero: “Senti, se non ti offendi... questi sono per voi”, disse allungandogli un paio di banconote da cento euro. L'uomo chinò la testa più volte, alzando le mani giunte al viso.
“E adesso portala in ospedale, svelto”, consigliò.
I tre uomini, in piedi vicino alle moto, seguirono l'auto con lo sguardo finché non scomparve nel buio. Baldo girò la chiave nel quadro della sua Triumph che miracolosamente si mise in moto.
“Che si fa?” chiese Gas.
“Dillo un'altra volta e ti stendo” rispose il Melchi a muso duro mostrando un pugno, ma si vedeva che stava sorridendo.
Baldo si guardò attorno, poi domandò: “Ma le lucciole non dovrebbero essere animali estivi?”
Il ciglio della strada brulicava di puntini luminosi. Si concentrarono per un attimo in un unico punto, si alzarono verso il cielo e si mossero in blocco in direzione della città.
Sembravano la coda di una stella cometa.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

...menomale, mi ero sempre chiesto cosa fosse la mirra...
Buon Natale, per l'intanto!

Unknown ha detto...

Per l'intanto buon natale a te, gentile sconosciuto. :)

Maurizio ha detto...

è sempre belliZZimo leggerti ma sopratttutto buon compleanno Gloria !!!
baci
maurizio

Gloria ha detto...

Grazie Maurizio!!!!!! :D